Una trattoria con un nome che richiama nientemeno che l’Eden. Che ambisce, persino, ad unirlo concettualmente ad un’isola. Vi pare, forse, pretenzioso? Evidentemente non siete mai stati in Sicilia.
Sapete, il fatto è che qui non ci viene tanto semplice “dividere” le cose.
È vero, siamo in un’isola, ma non andiamo tanto d’accordo con i limiti, con i confini.
In Sicilia, dividere il Sacro dal Profano non avrebbe senso.
Dividere la realtà dall’arte ne avrebbe ancora meno.
Così dividere una cena in una trattoria tipica a gestione familiare da una succulenta e calorosa domenica dalla nonna, per noi, non dovrebbe mai averne.
A noi viene difficile persino dividere il mare dal cielo! Sarà che preferiamo Con-dividere. Unire.
I pupari siciliani narravano in allegoria la ricchezza di questa diversità, muovendo i fili di una storia millenaria. Divenivano Dio, per il tempo di una farsa, di una “oper’epupi”, creando la vita nell’arte.
A nessun siciliano, dunque, potrebbe mai sembrare di eccedere nel definire “divino” un sugo di ghiotta che sta a “stringere” per il tempo giusto, calcolato in ore e non in minuti.
La nostra divinità è sempre trascesa dai sensi. La nostra arte dal gusto.
Noi lo celebriamo.